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Il debito pubblico in Italia, tra record e speranze

Cosa sta succedendo alle finanze italiane?
A ottobre 2022 Bankitalia segnalava un record del debito pubblico, per poi registrare un lieve calo nel mese successivo e poi un nuovo aumento: che sta succedendo?

Debito pubblico: il nuovo record nazionale

Dai dati statistici che Bankitalia ha raccolto e diffuso attraverso la pubblicazione “Finanza pubblica: fabbisogno e debito” riguardanti le finanze italiane, si evince che alla fine del 2022 il debito pubblico italiano si attestava a 2.762,5 miliardi, con un aumento di 84 miliardi rispetto ai valori di fine 2021 (quando ammontava a 2.678,1 miliardi).

Diffondendo i dati del mese di dicembre 2022, Banca d’Italia ha evidenziato come sia continuato il calo rispetto al record storico segnato a ottobre 2022 (2.770,8 miliardi).
Si tratta di un nuovo record nazionale: un numero poco più alto rispetto al mese di luglio, quando per la prima volta il debito aveva oltrepassato i 2.770 miliardi e dunque raggiunto un altro record.
Comprensibilmente, questa notizia ha messo in allarme tutti: dalle famiglie alle imprese fino al settore bancario.

 

Come si riflette il debito pubblico sulle famiglie italiane?

Il Codacons ha calcolato ad esempio che il debito a famiglia è aumentato di 1.071 euro: qualcosa di cui faranno le spese le generazioni future, a meno che non si intervenga con le dovute azioni risolutive.

Secondo il Codacons nel 2023 gli italiani rischiano di andare incontro ad una stangata media da +2.435 euro a famiglia a causa dei rincari di prezzi e tariffe che, purtroppo, si manifesteranno anche nel corso del nuovo anno. Cifra che non tiene conto dei possibili aumenti delle bollette di luce e gas, il cui andamento dipenderà dal mercato, dall’efficacia delle nuove misure sul price cap e di quelle che il Governo italiano adotterà nei prossimi mesi.

Ma facciamo un passo indietro e ripartiamo dalle basi.

 

Cos’è il debito pubblico?

Tanta attenzione sul tema del debito pubblico si deve al fatto che questo è un indicatore macroeconomico, ovvero rappresenta la forza economica di uno stato.

Facendo un riassunto, possiamo dire che il debito pubblico è l’ammontare complessivo di debito che uno Stato contrae per coprire i propri fabbisogni.

Questi ultimi costituiscono quella che si chiama ‘spesa pubblica’, cioè il budget che un paese spende per garantire ai propri cittadini i servizi di base e fare in modo che ci sia una crescita economica costante.

A volte lo stato non riesce a far fronte alla spesa pubblica, ed è per questo che è costretto a contrarre dei debiti, generando così il debito pubblico.

 

Come si misura il debito pubblico?

Il debito pubblico si può misurare in termini assoluti o  in relazione al Pil, il Prodotto Interno Lordo di un paese. Si tratta di un valore che esprime la sua attività produttiva annuale ed esprime dunque lo stato di salute di un paese.

Se il rapporto debito/Pil è inferiore al 60%, secondo il trattato di Maastricht il paese ha un buon grado di benessere e solvibilità, al contrario, se la percentuale è più elevata c’è il rischio di default.

Nel caso dell’Italia, il debito si aggira intorno al 145% del Pil.

 

Chi finanzia il debito pubblico italiano?

I debiti che contrae uno stato possono essere nei confronti di enti pubblici o privati, nazionali o internazionali. Enti come banche, imprese, altri paesi o persone singole che possiedono magari i titoli del paese indebitato.

Negli ultimi anni è la BCE ad aver svolto un ruolo fondamentale nel finanziamento del debito pubblico italiano, così come di altri paesi europei. Lo scopo è la diminuzione del debito italiano nei confronti dei mercati finanziari, con conseguente diminuzione dei tassi di interesse sui titoli del nostro paese.

 

Quali sono le cause dell’aumento del debito pubblico?

Secondo la Banca d’Italia, l’aumento di ottobre è dovuto soprattutto alla crescita delle disponibilità liquide del Tesoro da 48 miliardi a 62,6. Hanno poi contribuito il fabbisogno dello stato (9,9 miliardi) e il risultato complessivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso.

Più del 25% del debito pubblico è dovuto alla stessa Banca d’Italia, che possiede molti dei titoli italiani e che sta via via aumentando i tassi di interesse.

La stagnazione economica combinata con l’aumento dell’inflazione (la stagflazione), insieme all’aumento degli interessi, hanno ulteriormente peggiorato la situazione. Senza contare gli eventi politici internazionali: dalla pandemia alla guerra in Ucraina, fino alle preoccupazioni per l’economia cinese.

 

Quali sono le conseguenze dell’aumento del debito pubblico?

Da un lato, l’alto debito costringe l’Italia a fare tagli sulla spesa pubblica, e questo impedisce la crescita economica del paese. Dall’altro, gli interessi passivi dei creditori tendono ad alzarsi sempre di più, quindi il debito, se non si estingue, continua ad alzarsi.

Questa dinamica giustifica l’interesse per lo spread Bund-BTP. Si tratta di un indicatore che misura la differenza del rendimento tra i buoni del tesoro tedeschi (Bund), considerati solidi e quindi a basso rendimento, e quelli Italiani (BTP), considerati meno ‘robusti’. Acquistando da anni i titoli italiani (tramite il quantitative easing), la BCE garantisce un certo bilanciamento di questo valore.

 

Come uscire dallo stallo del debito pubblico italiano?

Per migliorare il rapporto debito pubblico/PIL – e dunque essenzialmente per diminuirlo – si può puntare alla riduzione del debito pubblico oppure all’aumento del PIL. Negli ultimi anni in Italia si sono alternate entrambe le soluzioni.

Per ovvi motivi sociali e politici, in generale i governi tendono a non tagliare i bilanci e a non aumentare le tasse, perciò la responsabilità ricade alle autorità monetarie. Tuttavia cresce la richiesta che le banche centrali monetizzino i deficit, quindi ci aspetta un altro periodo di quantitative easing.

Un’altra soluzione sarebbe quella di globalizzare gli allargamenti monetari e finanziari affidando un ruolo centrale al Fondo monetario internazionale.

Sicuramente la politica italiana è chiamata a investire in modo oculato solo nei settori in cui la spesa può creare ricchezza nel medio-lungo termine, tralasciando gli investimenti meno redditizi.

 

Segnali positivi all’orizzonte

Recentemente, sia Bankitalia che la Commissione europea hanno espresso ottimismo nei confronti della crescita economica italiana. Sembra che, nonostante l’inflazione e gli aumenti del costo dell’energia, ci sia una leggera ma confortante ripresa.

La fase di convalescenza post-Covid sembra quindi appena superata e ci avviamo verso un’altra fase di miglioramento. In questo possiamo guardare positivamente a paesi come la Spagna e il Belgio, che sono riusciti a risanare i propri debiti e a conquistare quindi una posizione meno rischiosa sui mercati finanziari.

Bisogna precisare infine che i debiti di per sé rappresentano un investimento utile allo sviluppo del paese. Costituiscono un problema solo se crescono in maniera sproporzionata e se sono soprattutto speculativi, quindi sganciati dall’economia reale.

Di sicuro, la diminuzione del debito resta per l’Italia una priorità.