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L’Open banking: una rivoluzione in Italia e in Europa

A partire dal 2018 ha avuto inizio una rivoluzione che ha coinvolto il mercato finanziario, europeo ed italiano.
Parliamo dell’Open Banking.

Che cos’è l’Open Banking?

L’Open Banking è un ecosistema bancario, all’interno del quale ciascuna banca è aperta alla condivisione delle informazioni finanziarie, tra le banche stesse e le società di terze parti (TPP).

L’obiettivo è quello di fornire al cliente – che deve prestare preventivamente il consenso all’Open Banking – prodotti e servizi innovativi. Tra questi ultimi, vi sono senz’altro:

  • gli AIS Account Information Service, che analizzano il conto e le spese del cliente, unendo i dati relativi a banche diverse in una sola piattaforma;
  • PIS Payment Initiation Service, che monitorano le transazioni, dunque i prelievi e i pagamenti;
  • CISP Card Issuing Service, che verificano la disponibilità di una certa cifra sul conto prima che avvenga la transazione su carta.

 

Quando e come nasce l’Open Banking?

A dare il via all’Open Banking è stata la Seconda Direttiva Europea dei Sistemi di Pagamento (PSD2) del 2018, che si è concretizzata un paio d’anni dopo e i cui effetti si vedono oggi più che mai.

La PSD2 ha introdotto importanti novità, innanzitutto rispetto alla PSD1, la direttiva precedente (del 2007) che aveva introdotto dei miglioramenti nel mercato dei pagamenti digitali al fine di salvaguardare i diritti dei consumatori, nonché di aumentare la competitività dei sistemi bancari europei.

Qualche anno dopo, le continue trasformazioni del settore tecnologico e digitale hanno reso tuttavia necessaria una nuova direttiva, affinché si tenesse fede sempre allo stesso obiettivo: quello di rendere i pagamenti sicuri, oltreché efficienti e innovativi.

Così è nata la PSD2, ovvero Seconda Direttiva sui Sistemi di Pagamenti: una vera rivoluzione nel mondo bancario.

 

Perché è nato l’Open Banking?

Questa rivoluzione l’hanno scatenata i clienti, insoddisfatti dei servizi bancari così indietro rispetto alle loro necessità e desiderosi invece di servizi smart, all’avanguardia, in linea con le innovazioni tecnologiche più contemporanee.

Le banche hanno intercettato questa necessità e, anche grazie alla PSD2, hanno cominciato a modificare la loro offerta per rimanere competitive sul mercato.

Dalla sua emanazione abbiamo quindi assistito a una rapida ridefinizione delle regole del gioco del sistema creditizio, di cui hanno beneficiato sia le imprese che gli utenti.

La chiamiamo rivoluzione, anche perché dalla PSD2 in poi sono cambiati i nomi dei leader bancari europei, i quali dal 2007 al 2017 erano rimasti invariati.

 

Come funziona l’Open Banking?

L’Open Banking funziona soprattutto grazie alle API: Application Programming Interface. Si tratta di interfacce di programmazione delle applicazioni, che a partire dalla PSD2 le banche hanno cominciato a condividere con società esterne.

Queste API contengono informazioni come i conti bancari e i saldi degli utenti, i dettagli di spesa, le entrate e le uscite, e possono gestire le transazioni, così come sviluppare nuovi prodotti.

 

Pro e contro dell’Open Banking

Accedendo alle informazioni bancarie del cliente – con il suo previo consenso, secondo la Legge sulla privacy GDPR – le società terze possono aumentare l’efficienza delle transazioni e migliorare l’esperienza digitale del cliente stesso.

Il rovescio della medaglia è che questo tipo di condivisione corre così veloce che gli sviluppatori delle app acquisiscono sempre più dati bancari degli utenti e informazioni sulle loro abitudini. Il risultato? Dei prodotti e dei servizi sempre più ad hoc per ogni target, che i sistemi bancari difficilmente possono riprodurre.

Da parte del cliente c’è soprattutto un forte rischio cyber, proprio perché aumenta la superficie di condivisione dei dati, e quindi un rischio di frode più elevato, a cui vanno naturalmente contrapposte delle attività anti-frode potenziate al fine di tutelare il cliente.

 

Com’è la situazione dell’Open Banking in Italia?

Nonostante dal rapporto di Banca d’Italia si evince che il nostro paese si trova ancora in una fase di sperimentazione, altri dati dimostrano che il nostro paese è abbastanza al passo con la rivoluzione digitale europea.

Pare che i sistemi bancari italiani vedano nell’Open Banking una possibilità per migliorare la customer experience e per lanciare nuovi prodotti e servizi.

è pur vero che i nostri istituti sono ben consapevoli dei rischi che questa rivoluzione comporta, nonché delle criticità che le infrastrutture italiane implicano.

Tra queste criticità, vi sono quelle relative alle procedure di acceso ai conti on-line tramite i TPP; quelle che possono compromettere la user experience della clientela chiedendo, ad esempio, un eccessivo numero di autenticazioni; quelle che possono rendere difficoltosa l’operatività dei TPP, omettendo ad esempio informazioni su conti dei clienti sulle loro interfacce.

 

Com’è l’Open Banking del futuro?

L’Open Banking ha provocato una rottura degli schemi bancari più tradizionali generando un universo nuovo, governato da nuove norme. Chi oggi non adegua i propri prodotti e servizi alla PSD2 e all’Open Banking rimane inevitabilmente indietro.

Le realtà italiane, così come quelle estere, quindi, sono chiamate a risolvere le varie criticità per assicurare al settore una rapida evoluzione.  Ma siamo sulla buona strada.