info@marcons.it
+39 06 70490030
Login
Marcons > News > Approfondimenti > La nuova guerra dei dazi

La nuova guerra dei dazi

Gli USA impongono i dazi e l’UE risponde con delle contromisure.
Cosa comporterà questa nuova guerra commerciale? Cosa rischia l’Italia?

Le relazioni commerciali tra UE e USA

L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno la più significativa e integrata relazione economica e commerciale al mondo, comprensiva di investimento bilaterale. Ciò significa che l’UE è il maggior partner commerciale degli USA, e viceversa.

Parliamo di un legame fondato sullo scambio di beni e servizi, nonché sugli investimenti, che coinvolge numerose aziende e lavoratori in entrambi i continenti.

Gli Stati Uniti importano dall’Unione Europea svariati prodotti come medicinali e attrezzature mediche, macchinari di vario tipo, componenti aerospaziali e veicoli a motore. L’UE invece importa dagli USA petrolio e gas naturale (cosa che negli ultimi tempi è diventata una mossa strategica significativa nel contesto dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia).

Solo nel 2023, il commercio di beni e servizi tra USA e UE ha raggiunto la cifra impressionante di 1,6 trilioni di euro. Vuol dire che ogni giorno 4,4 miliardi di euro di beni e servizi sono stati scambiati attraverso l’Atlantico. Nello stesso anno, il commercio bilaterale totale di beni tra i due continenti ha raggiunto la cifra di 851 miliardi di euro, mentre quello dei servizi è equivalso al valore di 746 miliardi di euro.

Anche per quanto riguarda gli investimenti parliamo di cifre importanti. I dati del 2022 registrano nei rispettivi mercati investimenti per 5,3 trilioni di euro.

C’è da sottolineare inoltre che le esportazioni di beni e servizi degli USA verso l’UE sostengono 2,3 milioni di posti di lavoro statunitensi, mentre gli investimenti delle aziende europee negli USA impiegano 3,4 milioni di persone.

Tutti dati che forse, viste le ultime mosse dell’amministrazione Trump, stanno per cambiare.

 

I dazi USA

Appena eletto, il presidente americano Donald Trump ha annunciato l’entrata in vigore – ufficialmente dal 2 aprile 2025 – di una serie di dazi su numerosi beni e prodotti europei, generando forte tensione nel commercio internazionale.

Tali dazi non sono altro che imposte su ciò che gli USA importano dall’Europa: ad esempio materie prime come acciaio e alluminio, prodotti agroalimentari di vario tipo come vino e formaggi, oppure beni appartenenti al mondo della moda e dell’automotive.

In particolare, i dazi su acciaio e alluminio saranno del 25% e non coinvolgeranno solo le materie prime ma anche i prodotti che le contengono, come elettrodomestici, utensili, componenti industriali e auto.

Trump ha sottolineato come fino a questo momento gli accordi commerciali tra Europa e USA fossero “ingiusti”. La prima si sarebbe sostanzialmente approfittata dell’apertura del mercato americano rimanendo chiusa all’import. Cosa ovviamente contestata dai critici europei, i quali portano all’evidenza una serie di dati. Ad esempio, quello che vede gli USA fatturare in UE più di quanto l’UE fatturi negli USA. Questo pare sia dovuto in gran parte alla rivoluzione digitale, o meglio, a tutti gli abbonamenti online che gli utenti fanno nei confronti di aziende americane come Netflix, Meta o Chat GPT.

é pur vero che rimane un surplus dell’Europa nell’ambito dei beni materiali, beni che esportiamo più di quanto importiamo. Ma in generale il surplus degli USA rimane, lasciando la zona euro in rosso.

Altra questione sollevata da Trump è quella sull’Iva, l’imposta sul valore aggiunto. Quella europea, sostiene il presidente USA, colpisce i prodotti importati e giustificherebbe quindi i dazi. Ma l’Iva, sostengono i critici europei, non equivale ai dazi. In ogni caso, Trump pare intenzionato ad andare avanti e anzi a festeggiare il 2 aprile come un “giorno di liberazione”.

 

Le contromisure dell’UE

Ursula von der Leyen ha dichiarato ingiuste le manovre americane, manovre che secondo la Presidente della Commissione europea stanno già creando incertezza per l’economia, in più metteranno in gioco posti di lavoro e causeranno un aumento dei prezzi.

Nella speranza di controbilanciare gli effetti negativi dei dazi, l’UE ha annunciato quindi delle contromisure che entreranno in vigore da inizio aprile. Poiché la Commissione europea stima che i dazi USA interessino beni del valore di 28 miliardi di dollari ovvero 26 miliardi di euro, le contromisure riguarderanno beni dello stesso valore.

Verranno quindi applicati dei dazi da parte dell’UE nei confronti delle merci importate dagli USA, come prodotti agricoli e industriali, barche, moto e alcolici.

Si tratta in parte di riattivare le contromisure che erano state adottate in passato, in risposta ai precedenti dazi dell’amministrazione Trump. Correva l’anno 2018, e il presidente americano al suo primo mandato aveva già imposto dei dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio importati dall’Unione Europea, per motivi di “sicurezza nazionale”. Anche in quest’occasione, l’UE aveva risposto con delle contromisure imponendo dazi su una serie di prodotti statunitensi, come il bourbon e le moto Harley-Davidson, per un valore totale di circa 2,8 miliardi di euro. Contromisure che in seguito erano state sospese.

Ora si tratterebbe quindi di riattivare le passate contromisure, sebbene da parte di Bruxelles rimanga l’intenzione di mantenere con Washington un dialogo aperto.

In più, l’UE valuterà anche un pacchetto di nuove contromisure, che dovrebbe entrare in vigore entro metà aprile, previa consultazione degli stati membri e delle parti interessate.

Rimane il fatto che, se si dovesse raggiungere un nuovo accordo con gli USA, l’UE potrebbe revocare tali manovre. Ed è ciò che auspica Von der Leyen.

 

Le conseguenze dei dazi e i rischi per l’Italia

Secondo i critici, le conseguenze dei dazi potrebbero essere svariate:

  • i settori interessati – da quello automobilistico a quello agroalimentare – potrebbero risentire dell’aumento dei costi di produzione;
  • i prodotti europei potrebbero diventare meno competitivi sul mercato americano, e viceversa;
  • potrebbero esserci ripercussioni, non solo sulle aziende ma anche per i consumatori, sia negli USA che nell’UE;
  • potrebbe esserci un aumento dell’inflazione;
  • anche alcuni partner commerciali come il Giappone potrebbero subire l’impatto di questi cambiamenti.

…E l’Italia?

L’Italia potrebbe essere una delle nazioni più vulnerabili a queste misure.

Come spiega Confindustria, “gli Stati Uniti sono la prima destinazione extra UE dell’export italiano di beni e servizi, e la prima in assoluto per gli investimenti diretti all’estero”. Nel 2024, infatti, il nostro paese ha esportato beni negli Stati Uniti del valore di 65 miliardi di euro, con un surplus commerciale di 39 miliardi.

I dazi potrebbero dunque influenzare negativamente il nostro export, e a risentirne sarebbero soprattutto le imprese medio-piccole. Alcuni critici parlano di un peso economico che va dai 4 ai 7 miliardi di euro. Per quanto riguarda il settore agroalimentare, fino a 2 miliardi di euro. Tra i settori più esposti ci sono bevande (39%), autoveicoli e altri mezzi di trasporto (30,7% e 34,0%), e farmaceutica (30,7%).

Al contrario, rispetto alla media europea, l’import italiano non è così dipendente dalle forniture USA: parliamo del 9,9% contro il 13,8% degli acquisti extra UE. I comparti più dipendenti sono comunque il farmaceutico (38,6%) e le bevande (38,3%), che lo sono anche dal lato dell’export.

 

Conclusioni

L’imposizione dei dazi da parte degli USA non migliora di certo il clima globale, già segnato da tensioni geopolitiche ed economiche.
Essendo un forte partner commerciale degli USA, l’Italia, così come tutta l’Europa, potrebbe essere danneggiata dalle nuove politiche protezionistiche americane. Rimane quindi da sperare in nuovi accordi, che possano limare questo clima di incertezza e instabilità. Nel frattempo, sempre meglio tenersi aggiornati sui cambiamenti delle politiche internazionali.

Il nostro ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolinea la criticità della situazione, ma sostiene anche che possa essere arrivato il momento di cambiare le carte in tavola delle politiche globali. Ribaltare l’economia globalizzata in funzione di nuove regole, magari per noi più favorevoli.